Con gli anni, il passaggio dallo scrivere solo elogi funebri a diventare una vera e propria Celebrante, che si occupa di tutto ciò che concerne i riti del lutto e del ricordo (funerali laici, celebrazione di anniversari di morte, rito dello spargimento delle ceneri ed altro ancora) è stato estremamente naturale.

Come lo è stato iscrivermi ad una rete nazionale di celebranti specializzati in cerimonie non tradizionali che mi garantisse un confronto continuo e uno scambio interessante di idee, contenuti, opinioni ( federcelebranti.com ).

Di discorso in discorso, mi sono resa sempre più conto dell’estremo bisogno delle persone di una ritualità personale e non standardizzata.

Come spiegato dallo storico francese Philippe Ariès nel 1975 nel suo famoso libro Storia della morte in Occidente, viviamo un’epoca in cui la morte è “proibita”: la società contemporanea, presa a rincorrere i miti della perfezione, dell’eterna giovinezza, della bellezza ad ogni costo, un passo alla volta ha relegato la morte ad asettici ospedali e ospizi, l’ha resa un tabù di cui non parlare ai bambini, una questione da allontanare dalle case e di cui liberarsi velocemente.

Inoltre, la dura parentesi della pandemia ha posto ancora di più l’accento sulla solitudine in cui vivono -e muoiono- tanti individui, sull’importanza della condivisione per dare un senso alle nostre vite, sull’urgenza di coltivare ciò che ci rende unici visto che il passaggio su questa terra è così celere e precario.

Per questo molte persone che non hanno delle radicate convinzioni religiose hanno iniziato a sentire la necessità di rituali diversi, che non seguano liturgie prestabilite ma che siano costruiti ad hoc attorno a chi era il defunto nel profondo.

Narrare i ricordi più belli di un caro, ascoltare tutti insieme una canzone che lui amava, vedere delle immagini che rappresentano il suo cammino può dare un senso di pace a chi resta, la chiara sensazione di aver salutato la persona amata esattamente nel modo che meritava.

E’ essenziale dire, però, che per fare questo non ci saranno altre possibilità, non si potrà dire come in altre occasioni della vita “Ok, questa volta non è andata per il verso giusto, sarà per la prossima”, perché quella del funerale è l’unica occasione che si ha per rendere omaggio ad un caro assieme a tutti coloro che lo amavano, l’unica opportunità per creare un momento di saluto positivo, personale, condiviso.

Così, potersi mettere nelle mani sicure di un’esperta di narrazione funebre per la costruzione di questo delicato rito riesce a donare alle famiglie grande serenità e a me la consapevolezza di fornire un servizio estremamente importante, che se svolto con preparazione e umanità può aiutare le persone ad iniziare in modo più positivo il proprio impegnativo percorso di elaborazione del lutto (per leggere i risultati della ricerca in questo senso che ho portato avanti con l’Università di Ferrara cliccare qui).

I tempi stanno cambiando, stanno nascendo nuove forme di cerimonia funebre, e sono orgogliosa di fare parte con consapevolezza di questa svolta sociale e culturale che darà avvio ad una fase storica che alcuni studiosi definiscono “morte ritrovata” ( https://stefanoallievi.it/anno/la-morte-declinata-al-plurale/ ): una realtà nella quale la morte torna a riavvicinarsi agli esseri umani, ad essere vista come un momento naturale e di passaggio e non come una pratica da archiviare velocemente.

Una nuova realtà nella quale i riti funebri diventano momenti di condivisione collettiva in grado di celebrare il defunto in modo personalizzato e di dare un profondo conforto a chi resta.

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